Christian Bonora: intervista all’autore di “Antichi Miti”
Torna la rubrica dedicata alle interviste, oggi abbiamo il piacere di ospitare Christian Bonora, autore fantasy noto per il suo romanzo Antichi Miti, un libro che vi consigliamo di leggere se ancora non l’avete fatto perchè non si tratta del solito fantasy ma di una storia avvincente in grado di appassionare anche chi non è amante del genere.
4 chiacchiere con Christian Bonora
- Com’è nata la tua passione per il genere fantasy?
Ci sono stati alcuni passaggi nella mia vita, forse non collegati, che mi hanno portato ad amare il genere.
Cerco di riassumerli.
Quando ero piccolo, penso verso i sette anni, durante la visita da uno zio di mia madre, vidi una collezione di libri per bambini, una sorta di enciclopedia di racconti, ne presi uno per sfogliarlo e leggerlo mentre aspettavo. Quando dovevamo andare via, ero talmente preso, penso più dalle figure che altro, che mi venne regalato. Il libro era la storia di Sigfrido, l’Edda, in una forma per bambini. Ero rimasto colpito da questo eroe che sconfigge il drago e diventa invulnerabile ma che poi il destino beffa, facendolo uccidere, colpito a morte proprio nel suo unico punto vulnerabile.
Poi a scuola, alle elementari, avevo una passione smodata per castelli, le storie di cavalieri del medioevo e le crociate.
Un po’ più grande ho comprato il primo libro in assoluto scelto da me, e mi sono ritrovato tra le mani una copia dell’Amuleto del Dio Pazzo di Michael Moorcock, ho amato subito il genere, e non ho più smesso di comprare e leggere libri fantasy.
Sempre di quegli anni è la nascita per caso della passione per i giochi di ruolo, Dungeons and Dragons, e ovviamente cosa c’è di più fantasy di quel gioco di ruolo.
Diciamo che non poteva essere diversamente. - Come riesci a coniugare una vita lavorativa da ingegnere e una passione così impegnativa per la scrittura?
Questa è una bella domanda. Io ho idee e scrivo romanzi fantasy dall’età di sedici anni, purtroppo però gli impegni di studio prima e lavorativi poi, uniti alla mia naturale pigrizia, mi hanno sempre bloccato dal raggiungere l’obiettivo di completare un romanzo.
Poi nel 2018 ho partecipato ad un corso di scrittura creativa e qui ho conosciuto degli amici straordinari, uno in particolare, che mi ha spronato a concludere dei racconti prima e un romanzo dopo. Da lì ho preso il via, completandone alcuni, prima della pubblicazione del mio primo libro. Con sperimentazioni varie e continui miglioramenti, sempre dietro svariati consigli di questo amico, anche lui scrittore di vecchia data.
Coniugare gli impegni lavorativi non è sempre facile, magari cerco di scrivere appunti nelle pause, e a fine giornata cerco, quando il mio cervello me lo consente, di scrivere una scena. Una scena al giorno per qualche mese, riescono a diventare un romanzo. Non è possibile tutti i giorni scrivere, ma almeno i weekend cerco di dedicarli interamente alla scrittura. Devo dire ahimè che la situazione attuale di distanziamento sociale mi ha stranamente aiutato a stare più a casa e a scrivere.
Ormai ho preso un po’ l’abitudine e spesso mi forzo anche la sera a scrivere, perché senza questa auto-imposizione, non credo che potrei portare a termine qualcosa, la scrittura non è solo divertimento nella creazione, ma spesso è sacrificio del proprio tempo libero per cercare di produrre qualcosa di buono. - C’è uno scrittore in particolare a cui ti ispiri quando scrivi?
Sinceramente nello stile direi di no. Cerco di tenere in mente le ambientazioni di alcuni tra i più grandi, come idea, ma poi devi sempre metterci del tuo e magari creare qualcosa di nuovo.
Amo il genere High Fantasy, per cui non potrei tralasciare Tolkien, oppure Robert Jordan, però spesso non riesco nemmeno ad avvicinarmi a queste ambientazioni, e scendo in qualcosa di più semplice, stile Sword & Sorcery, ricordando il mitico Howard e il suo Conan.
Credo però che ognuno sia figlio del suo tempo, pur volendo e avendone le capacità tendere ad uno di questi forse sarebbe anacronistico, sono delle pietre miliari della letteratura Fantasy, ma ognuno con un background storico, psicologico e sociale, diverso dal mio. - Passiamo a parlare nello specifico del tuo libro “Antichi Miti”. Com’è nata l’idea di scriverlo? Avevi già in mente il finale quando hai iniziato oppure la storia ha preso forma durante la stesura?L’idea per Antichi Miti mi è venuta durante il lockdown, leggendo dei manuali di giochi di ruolo, e osservando che non avevo mai provato ad ambientare una mia storia nell’antica Grecia, in quella mitologia. Sono sempre stato più legato a quella nordica, dei vichinghi, eppure conosco abbastanza bene quella greca, per via della scuola. Ho provato, cercando di non limitarmi alla sola Grecia, a spaziare nel Mediterraneo.
Diciamo che il finale, come tutta la struttura generale sono stati i primi appunti che ho buttato giù, da alcuni anni ho smesso di buttare giù come viene un romanzo, lasciando che fluisca da solo. Questo perché mi sono accorto che il risultato non era idoneo alla pubblicazione e richiedeva un grosso lavoro di editing successivo. Per cui ho cercato di applicare un approccio che mi è più congeniale: un metodo, una struttura di base, uno scheletro di partenza. Da questo, che è poi la base del romanzo, si sviluppano le singole scene. Ogni scena è pensata nell’idea generale, ma poi nella stesura può variare, certo, nulla è fisso e immutabile. Alcuni sviluppi sono emersi durante la stesura, ma diciamo che alcuni punti cruciali erano fissi e scelti sin dall’inizio.
Tutta colpa della mia personale forma mentis e della mia formazione da ingegnere. - Come mai hai trattato proprio il tema del viaggio?
Questo tema, oltre ad essere uno di quelli fondamentali per la letteratura, mi è sempre stato caro. Come disse Thomas Stearns Eliot: Quello che conta è il percorso del viaggio e non l’arrivo!
Il viaggio l’ho sempre inteso come metafora della vita, che in definitiva considero un eterno viaggio, alla scoperta di se stessi e del mondo. Così fanno i miei personaggi: viaggiano, conoscono e crescono, nulla è immoto, tutto si muove intorno a noi e altrettanto facciamo noi stessi.
Qualcuno una volta mi disse che ogni autore ha un tema preferito, ecco per me è il viaggio. I miei personaggi sono sempre in movimento, alla ricerca di qualcosa, di qualcuno, o semplicemente di una verità. Non si può restare fermi chiusi in un luogo a pensare solo, altrimenti si resta chiusi in se stessi, immobili e senza cambiamenti, prima o poi si muore dentro. - Stai già lavorando ad un altro romanzo fantasy? Avrà qualcosa in comune con “Antichi Miti” oppure sarà una storia completamente diversa?
Diciamo che prima e dopo Antichi Miti, non mi sono mai fermato in verità.
Ho scritto un romanzo precedente, che sto cercando di pubblicare. Una storia ambientata in un mondo immaginario, ma simile ai caraibi del 1600 d.C., piena di personaggi strani e apparentemente diversi che sono accumunati da un evento che li travolge, il naufragio su un’isola misteriosa.
Per il dopo: diciamo che nel mentre ero in fase di pubblicazione, stavo già scrivendo un altro romanzo puramente fantasy che ho interrotto, perché mi era venuta un’altra idea.
Ora quell’idea l’ho sviluppata ed è nata una storia autoconclusiva ambientato nell’antico Califfato di Baghdad nel 900 d.C. e in tutto il medio oriente, Africa, India; mitologie completamente sconosciute, una realtà che non conosco benissimo, ma che amo molto. Un capitano di una nave mercantile, un avventuriero con la sua ciurma. Qualcosa di diverso, ma sempre con il viaggio come comune denominatore. Per ora è fermo lì in attesa di decantare per il mio editing, poi spero di trovare uno sbocco anche per lui.
Nel mentre lo scrivevo fisicamente, pianificavo un altro romanzo sul nord Europa, Norvegia dell’anno 1000 d.C., qualcosa però più dark e cupo. Tornando ad una mitologia a me più affine.
E infine quando avrò ultimato anche lui, credo che dopo tutti questi, tornerò al mio puro fantasy che avevo interrotto, per scriverlo tutto d’un fiato.
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